Mi piace il salto rapido di un buon racconto - Raymond Carver

mercoledì 12 marzo 2014

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Atena Parthenos



Atena osservava l'opera di Fidia stagliarsi in cima all'acropoli. La dea reggeva nella mano sinistra lo scudo, nella destra la lancia e in testa l'elmo, su cui si riflettevano gli ultimi raggi del sole. E così, gli Ateniesi le avevano dedicato il tempio più grandioso che si fosse mai visto. Non c'era nulla di simile in tutta la Grecia: neppure la statua di Zeus ad Olimpia, che ne era sorella, poteva eguagliarlo. Gli uomini lo avevano chiamato Partenone, perché lei era e sarebbe sempre stata Atena Parthenos, Atena vergine.
L'amore non era permesso alle dee guerriere. Eppure, sua sorella Artemide non aveva mai desiderato un uomo al suo fianco: le sue amazzoni erano le sole compagne di cui sentisse il bisogno. Atena, invece, aveva perso il conto degli anni passati a osservare il mare e con esso il suo eterno rivale, Poseidone. Il loro conflitto affondava le radici nelle lontane epoche micenee, ai tempi della guerra di Troia e del viaggio di Odisseo.
Dietro al conflitto, però, si era sempre celata una complicità, invisibile a tutti a parte ai duellanti, che Atena aveva sperato si potesse trasformare in amore. Che sciocca era stata! La Moira non lo avrebbe mai permesso, né Poseidone si sarebbe mai innamorato di una dea guerriera, dal carattere indomito e dalla determinazione inferiore solo alla forza. Il dio del mare non avrebbe mai amato chi lo aveva più volte sconfitto.
Il cuore di Atena era infranto, irrimediabilmente. E ora attendeva.
Dal Partenone si levò un grido lancinante e Medusa si precipitò fuori dal tempio, nuda, tentando di strapparsi dalla testa i serpenti che avevano improvvisamente sostituito i suoi bei capelli. Subito dopo, uscì il suo amante e la vide. Fu solo quando lesse l'orrore nello sguardo di Poseidone, che, finalmente, Atena sorrise.


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